CERVELLI IN FUGA

Zurigo. Freddo, tram, caffè. Partiti, anche noi uccellini abbiamo lasciato il nido, abbiamo attraccato la nostra barchetta della conoscenza in un porto un po’ meno sicuro, un po’ meno quotidiano rispetto a quella lontana Lugano.

“Quanti crediti hai questo semestre?”, “Io abito a Oerlikon“, “Quali Vorlesungen fai?” sono le domande che più riecheggiano nella Lichthof dell’Università di Zurigo.

Ancora ci destreggiamo tra una grammatica instabile e lo scaglionarsi delle ore che per questo nuovo inizio ci sembrano troppo poche, nonostante l’immediata e acquisita abitudine agli orari concitati dei tram che si inseguono ogni tre minuti.

Noi ticinesi emigrati al di là del Gottardo, paladini del tedesco, fieri riportatori di valigie piene di vestiti da lavare nella nostra sogenannte Sonnenstube, e puntualmente riempite di cibo di ritorno verso il nostro nuovo piccolo appartamento.

Indescrivibile il batticuore quando, improvvisamente, inaspettato, udiamo qualcuno parlare in italiano. Troppo tardi, ce ne accorgiamo, non è che un “ciao” lanciato nell’aria a mo’ di Tschüss esotico.

Con simulata calma ci apprestiamo a redigere con cura e apprensione le prime liste della spesa del semestre o ci arrendiamo pensando “mangerò poi questo fine settimana la pasta alla carbonara della nonna, dovrebbe bastare.”

A dominare la scena è però l’emozione. Anche noi ce l’abbiamo fatta, siamo arrivati a questa spiaggia, ci chiniamo sul computer portatile pronti a tutto. Sono le nostre lezioni, siamo diventati protagonisti del nostro sapere. Ci facciamo strada, percorrendo un cammino già in salita, ma vedete che vista? Dalla cima è molto più ampia.

Ci chiediamo, in questa densa massa di persone, come fare a distinguerci per la nostra individualità, rendendoci conto di quanto ancora dobbiamo imparare, delle nostre fragilità. Tra 26’000 studenti noi che sedia occupiamo? Tra qualche mese potremmo essere in prima fila come seduti sugli scalini. Ci rimbocchiamo le maniche, alziamo la mano, battiamo le nocche sul tavolo a fine lezione.

Respiro profondo. Ci siamo. Partiamo?

Vox populi

“A Zurigo? C’è tutto.”

“Una bella città, molto grande, adatta agli studenti, mezzi di trasporto per andare ovunque e tante opportunità lavorative come pure attività culturali o sportive per gli studenti.”

“Studiare a Lugano è come continuare il liceo, solo che si chiama università. Penso che solo il fatto di trasferirsi cambi completamente il modo in cui impostiamo la nostra vita, ci dia un nuovo inizio.”

“Faccio il mio secondo anno di master in inglese e il mio tedesco basta largamente per le attività di tutti i giorni.”

“Anche io con il tedesco “speriamo che me la cavo”. In realtà quello che più mi spaventano sono i lavori di gruppo in classe in cui tutti parlano in svizzero-tedesco.”

“Non si tratta di un mero luogo comune: la pasta è davvero il pasto più cucinato dagli studenti!”

“A livello di organizzazione è fantastico. Posso decidere cosa fare e quando farlo senza rendere conto a nessuno. Quando torno a casa a Lugano però si sottostà nuovamente alla legge del “se vivi sotto il mio tetto” anche se poi vieni viziato come non mai: noi studenti lontani manchiamo tantissimo a casa.”

Caroline Bianchi

Pubblicato sull’Universo, giornale studentesco universitario indipendente, ottobre 2017.

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