DAL LICEO

Ogni corpo è un piccolo mondo a sé. D’altra parte l’anima, la nostra parte psichica è una realtà inafferrabile e soggetta a leggi e dinamiche proprie. Ma sono forse in fondo due facce della stessa medaglia, due facce di noi stessi. Secondo Aristotele anima e corpo sono due entità della stessa sostanza: l’una forma, l’altro materia. È l’anima a dar forma, a modellare il nostro corpo. Significa forse che un bel corpo è espressione della bellezza dell’anima? Lo chiedo a Silvia, studentessa del Liceo Lugano 1. «Non per forza. Potrei anche incontrare un ragazzo bellissimo, ma stupido. E la sua stupidità cancellerà ai miei occhi il suo essere bello. La bellezza è anche il modo di comportarsi, di atteggiarsi.» Il modo in cui ci vediamo e reagiamo alle diverse situazioni è espressione della nostra anima. E questo sembra riuscire a plasmare pure il nostro aspetto esteriore. Per esempio, quando una persona tende a gettare uno sguardo di disgusto su quello che vede, o di gelosia, o ancora di brama, questa espressione sembra con il tempo cristallizzarsi sul suo volto, rendendolo sgradevole. “Ci sono delle persone che hanno delle espressioni, dei volti che ti fanno pensare che questa sia la peggior persona del mondo, mentre poi questa si rivela essere un pezzo di pane.” afferma Angela, studentessa liceale. Ci sono poi delle persone che acquisiscono ai nostri occhi una certa bellezza grazie al loro modo di essere. “Se una persona si presenta in un certo modo, con una certa postura, eleganza, dà un’impressione diversa rispetto a una persona impacciata, gobba, chiusa su sé stessa.” Continua Angela. La cosa può anche essere vista in senso opposto: non è sempre l’anima a influenzare il corpo. È un’influenza bilaterale: se si ha un corpo che in qualche modo rispecchia la propria personalità, l’anima sarà influenzata da questa relazione positiva. Viceversa il disprezzo del proprio corpo causa sofferenze interiori profonde. In questo senso si potrebbe riuscire a trovare dentro di sé la forza di volontà e la giusta determinazione per andare, ad esempio, in palestra. L’anima ci permette di affrontare lo sforzo fisico, imporci un’insalata quando desidereremmo una pizza, credere che possiamo farcela. Il corpo influisce sul nostro pensiero in maniera più inconscia. “Uno studio ha dimostrato che se prima di qualcosa di importante, come una presentazione o un esame, uno si mette a fare la mossa del supereroe, mettendosi le mani sui fianchi e gonfiando il petto, e si convince di questo, automaticamente le tue prestazioni saranno migliori.” Spiega Angela. Anche solo il truccarsi, ad esempio per uscire la sera con un ragazzo, ci fa sentire più sicure di noi, e saremo più rilassate e naturali, aggiungendo fascino alla nostra presenza. Non è quindi l’anima a prendere il sopravvento sul corpo. Corpo e anima sono forse davvero due entità che trovano la loro armonia insieme.

Caroline Bianchi

Pubblicato sull’Universo, giornale studentesco universitario indipendente, febbraio 2016.

DAL LICEO. Amore libero?

Oggi, piena liberalizzazione del sesso. «L’ho fatto.»

«Davvero?», «Con chi?», «Come è stato?», «Ti ha fatto male?» Dopo tutte queste domande sorge il dubbio: fatto cosa? Aver superato un traguardo difficile? Aver fatto il primo passo? Fatto i preliminari o giochi erotici? Oppure «tutto»? L’ho fatto. In un modo o nell’altro ognuno di noi, o quasi, prima o poi riesce a pronunciare la fatidica frase. Già a partire dalle medie si comincia parlare di sesso a lezione, il cosiddetto programma di educazione sessuale, nel quale vengono presentate le malattie sessualmente trasmissibili, i metodi anticoncezionali, l’anatomia uomo/donna, i periodi fertili. Fra i banchi di scuola, gli sguardi abbassati, imbarazzati, annoiati. Sì, magari anatomicamente interessati. Il sesso però non è una brutta cosa da fare, come può sembrare dalle descrizioni che ci forniscono. Ci vantiamo della nostra apertura mentale, ma in fin dei conti, abbiamo mai davvero il coraggio di parlare di quello che davvero ci interessa quando si parla di sesso?

Per esempio di quelle che sono le cose che danno più piacere, del sesso occasionale, delle “scopamicizie”, dei giochi di ruolo, dell’orgasmo. E cosa dire dell’ansia da prestazione?

Non se ne parla mai abbastanza, per paura di andare troppo oltre, di essere giudicati troppo disinibiti, di non rientrare più nella visione politically correct del sesso. Paura di essere troppo o troppo poco, di non soddisfare le aspettative che gli altri hanno nei nostri confronti?

L’ho fatto. Partono i sussurri tra i corridoi, i commenti e le descrizioni, a volte abbastanza pesanti. L’ho fatto, e adesso siamo nel circolo dei non più vergini. Diventiamo improvvisamente persone vissute, consumate dalla vita. Impavide, libere. Ma forse dietro a questa falsa apertura nei confronti del sesso invece non si nascondesse una pressione sociale.

Siamo davvero una società più matura, dal punto di vista della presa di coscienza del proprio corpo e della propria sensualità, o semplicemente più insistente?

Da un secolo a questa parte l’età dell’entrata in pubertà si abbassa sempre di più: il menarca per le ragazze oggi avviene verso i 9-12 anni, confrontati con gli 11-12 anni degli anni ‘60 e i 17 della seconda metà del secolo scorso. Una pubertà che inizia sempre prima quindi, ma con questa non per forza l’età in cui si perde la verginità si abbassa. Oggi l’età media in cui si perde la verginità è fra i 15 e i 19 anni, ma non è infrequente che ci si approcci all’esperienza sessuale anche prima. Una volta fatto sesso però, al pari di un completino di raso vedo-non vedo, diciamo e allo stesso tempo non diciamo. C’è da chiedersi se tutto quello che non viene detto, ma è sottinteso da diversi comportamenti o paradigmi da seguire, non sia parte di questa falsa liberalizzazione.

Elogio all’amore libero oppure no?

Caroline Bianchi

Pubblicato sull’Universo, giornale studentesco universitario indipendente, novembre 2016.

Incontro Parlamenti giovanili

Ginevra. «Una società a nostra immagine». È stato questo il titolo della Conferenza dei Parlamenti Giovanili che si è tenuta alla fine di ottobre a Ginevra. Una conferenza, quella organizzata dalla Federazione Svizzera dei Parlamenti Giovanili con la collaborazione del Parlamento dei Giovani di Ginevra, alla quale hanno preso parte ben più di 150 giovani provenienti da tutta la Svizzera e dal Principato del Liechtenstein. I delegati dei parlamenti giovanili si sono quindi riuniti per sviluppare progetti concreti, con l’obiettivo di ringiovanire la politica Svizzera.

Un obbiettivo comune anche alla Federazione Svizzera dei Parlamenti Giovanili (FSPG), l’associazione mantello che si occupa a livello federale di sostenere e incoraggiare la creazione e lo sviluppo di Parlamenti dei giovani.

L’incontro si è svolto sull’arco di tre giorni ed è stato costellato da workshops informativi e dai cosiddetti speed-debating, ai quali hanno partecipato diversi politici della città di Ginevra. Questi dibattiti brevi consistono in una sorta di tavola rotonda, durante la quale viene presentato un tema, le argomentazioni pro e quelle contro. I dibattiti, della durata di 15 minuti, vedono i giovani confrontarsi faccia a faccia con i politici. Ne segue un dialogo costruttivo su diversi temi di attualità, come ad esempio i locali notturni, la cannabis, la migrazione, l’uscita dal nucleare o il finanziamento dei trasporti.

Domenica il plenum si è aperto con il saluto del Presidente del Gran Consiglio ginevrino Jean Marc Guinchard.

«La Conferenza dei Parlamenti Giovanili è uno dei più̀ grandi eventi per giovani parlamentari cantonali a livello svizzero.» afferma Damiano Pasquali, membro del Comitato direttivo della Federazione e suo responsabile amministrativo. «Quest’anno la Federazione ha presentato ai delegati una proposta per l’istituzione di un parlamento nazionale dei giovani vero e proprio, che oggi non esiste. Inoltre sono state presentate le prime esperienze sturate con il giovanissimo progetto engage.ch, una piattaforma online di scambio di idee tra parlamenti cantonali dei giovani.»

Damiano Pasquali ci rivela come il Ticino sia molto attivo nell’ambito della politica dei giovani. «Già nell’autunno del 2015 si è riusciti ad organizzare la Conferenza dei Parlamenti Giovanili a Tenero. Nonostante questo gli italofoni soffrono nella Federazione, perché una gran parte dei documenti non vengono tradotti.» Pasquali ritiene che lo sviluppo di strutture simili ai parlamenti dei giovani nelle città di Bellinzona, Locarno e Mendrisio, possa condurre a sollecitare pari quantità e qualità di controprestazioni da parte della Federazione.»

Nel 2017 la CPG si terrà a Zurigo.

Caroline Bianchi

Pubblicato sull’Universo, giornale studentesco universitario indipendente, novembre 2016.

Consiglio Cantonale dei Giovani: una generazione politica?

È una generazione disillusa quella che oggi non vuole salire agli scranni. Delusa nelle sue aspettative nei confronti di una società che non l’accoglie più. Perché entrare a far parte di un meccanismo immobile, che non si smuoverà̀ di certo al nostro arrivo? Disincantati, ci ripieghiamo su di noi, con l’illusione che lasceremo un’impronta, ma sapendo nel profondo di essere insignificanti. Da qui il nostro disinteresse per il mondo della politica, da qui la nostra apparente apatia. Vogliamo, ma ci sembra di non potere. Prima dobbiamo trovarci singolarmente come individui, per poi entrare nella collettività prendere parte attiva all’impegno civile.

Tuttavia anche noi nel nostro piccolo possiamo fare qualcosa: il Consiglio Cantonale dei Giovani si occupa di questo. Composto da un comitato organizzativo di otto membri e da un’assemblea di giovani, ogni anno elabora delle proposte che verranno poi inviate al Consiglio di Stato. Quest’ultimo, valutando i pro e i contro di ogni suggerimento, risponderà̀ accettando o respingendo alcune idee. Il progetto della carta studenti ne è un esempio: tutti gli studenti del cantone ora ne posseggono una, grazie alla quale è possibile avere diversi sconti.

Ogni anno il tema elaborato è diverso: per la diciassettesima sessione «Un Ticino al passo dei Giovani» sarà l’argomento sul quale verteranno le proposte messe a punto dai giovani. Ogni anno, un piccolo passo in più, come afferma Daniel Mitric, membro del Comitato dal 2013 al 2016.

«La voce dei giovani va fatta sentire, ma bisogna anche fare in modo che questa venga ascoltata. Una cosa della quale sono particolarmente contento è il rapporto del Consiglio di Stato: quest’anno c’è stata più̀ positività, come accade da un paio d’anni a questa parte. In questo rapporto, per citare un esempio alla richiesta di rafforzare le politiche giovanili, il Consiglio di Stato ha risposto che il Consiglio Cantonale dei Giovani verrà̀ coinvolto in un progetto che il Cantone, attraverso l’UFaG, la Commissione cantonale per la gioventù, unitamente alla SUPSI e altri partner, porterà avanti, qualora la domanda di sussidio atta a rafforzare le politiche giovanili sarà accettata dalla Confederazione. Un altro esempio è la positività espressa dal Consiglio di Stato alla richiesta di sensibilizzare i giovani e famiglie sull’indebitamento, continuando ad incentivare «Il franco in tasca» (Piano cantonale pilota di prevenzione all’indebitamento eccessivo 2014-2017). A tal proposito hanno risposto che è un’idea ben condivisa e che le direzioni delle scuole sarebbero ancora state informate attraverso la newsletter Scuola DECS. E così è stato: nella newsletter dell’8 settembre il Piano cantonale era inserito con lo scopo di informare le scuole.»

La sedicesima sessione del Consiglio Cantonale dei Giovani, conclusasi il 30 settembre nell’aula del Palazzo delle Orsoline, ha quindi portato con sé aspetti molto positivi, ma è anche stata segnata da diverse partenze, tra le quali anche quella del segretario Francesco Galli.

Il nuovo Comitato, pronto a ripartire nel 2017, lancerà presto il concorso grafico per il logo della prossima sessione, un logo che dovrà essere inerente alla mobilità sostenibile, ai concetti di sicurezza e di libertà e al futuro dei giovani in ambito scolastico.

«Quello di quest’anno è un tema che intendiamo affrontare con il progetto Forum.» ci anticipa Endrit Pedetti, membro del Comitato. «Abbiamo elaborato proposte molto interessanti negli anni precedenti: ci piacerebbe riprenderle per meglio concretizzare quelle che ci sembrano più̀ valide.»

Gli obbiettivi del Comitato per il prossimo anno si delineano quindi in maniera abbastanza chiara, guardando all’esito positivo e aspirando a una sempre maggiore affluenza di giovani.

«Il Consiglio Cantonale dei Giovani mi ha permesso di crescere e scoprire molte cose, come l’organizzazione personale e di gruppo, la capacità di fare qualcosa per gli altri e l’agire verso un obiettivo comune. In particolare mi ha aiutato a creare una mia personalità e a sviluppare i miei interessi.» afferma Daniel Mitric, invitando a iscriversi coloro che, «come noi, hanno interesse alla politica, ma ancor più al bene dei giovani, per non cadere il quel baratro che è la società odierna, ma lavorare insieme per un futuro migliore.»

Caroline Bianchi

Pubblicato sull’Universo, giornale studentesco universitario indipendente, ottobre 2016.

Agorà, il giornale del liceo

Tra giovani e cultura, la carta stampata e la voglia di esprimersi

Un’espressività che ha tutto il fascino dell’irriverenza. Una sorta di sfrontatezza nei confronti del conformismo unificante, che si traduce nella necessità di sfogare l’irrequietezza comunicata dalle parole incise sulla carta. Il potere della carta stampata, viva, capace di conferire ai pensieri una bellezza unica che emerge sempre nella gestualità dello sfogliare pagine non più vergini, colorate. Un gesto prolungato, volutamente assaporato. Scolpite nel tempo, le parole assumono un volume diverso, si dispiegano allungandosi in volute di inchiostro, lettere che si incontrano. Da questo incontro, uno scontro, una denuncia, un’affermazione.

Un’espressività che da grido diventa una frase, un articolo, un giornale. Un mensile culturale degli studenti del Liceo Lugano 1. Il progetto, nato tre anni fa, è gestito da un gruppo indipendente di giovani appassionati dalla scrittura, gabbiani che si librano nell’aria per incidere le loro parole nella trasparenza della pioggia.

Si raccontano attraverso poesie, disegni, articoli di cinema, arte, musica, mitologia, comunicando i loro interessi e sviluppando i loro pensieri. Un modo alternativo per comunicare il proprio stare al mondo e porsi in quanto individui consapevoli attraverso la scrittura.

L’idea di fondo del giornale è quella di permettere a chiunque di potersi esprimere dando sfogo al proprio estro artistico. Le rubriche infatti sono libere: ciascuno può parlare delle sue passioni, dei suoi interessi o di temi attuali, portando poi una riflessione personale. «Vogliamo portare alla luce problemi che sono presenti, magari nascosti nell’anticamera del cervello di molti, ma che non sono conosciuti veramente.» dice Amina Heusser, che ha visto e partecipato alla nascita del mensile, e ne è ora una delle due caporedattrici. «Mi piace l’idea di tirarli fuori e far nascere una riflessione, che poi, chissà, potrebbe sfociare in un gesto attivo.»

Quella della scrittura è un’esperienza stimolante, che aiuta a sviluppare le proprie conoscenze linguistiche e trasmettere in maniera efficace le proprie passioni.

Il giornale, non avendo un tema specifico, e impegnato nel non assumere posizioni politiche o ideologiche, lascia manifestare la creatività della redazione.

«Siamo un gruppo di soli studenti: non c’è un docente che ci controlli o che ci imponga determinati argomenti o decisioni. Possiamo scegliere i temi da trattare nelle nostre rubriche, non siamo vincolati in nessun senso. Ci occupiamo anche della grafica, quindi l’impaginazione, e di quando mandare in stampa il giornale, cercando chiaramente di far uscire ogni mese un numero.»

La dualità delle due caporedattrici, una novità di quest’anno, a quanto pare paga.
Est modus in rebus: permette di prendere decisioni in maniera più ponderata e organizzarsi meglio.

«È una collaborazione appena iniziata, per riuscire a gestire un progetto tutto sommato nuovo. Spesso gli studenti non sanno che Agorà esiste, o non vi partecipano per mancanza di voglia o di tempo. Avere qualcun altro che ti aiuti, ad esempio a girare per le classi o a distribuire il giornale, facilita sicuramente questo compito.»

Ma questa non è l’unica novità: Agorà ora ha una pagina Facebook, grazie alla quale si riesce a promuovere il mensile in maniera più diretta. Il numero di copie stampate del giornale è infatti limitato e caricando gli articoli su internet si riesce a raggiungere un maggior numero di persone: chi a scuola non è riuscito a leggerlo o chi ne ha sentito parlare.

Caroline Bianchi

Pubblicato sull’Universo, giornale studentesco universitario indipendente, ottobre 2016.

Il teatro è come un gioco

Irreale, talvolta assurdo sembra quello che accade sul palcoscenico scuro. Accade, e noi per un breve momento diventiamo parte di questo organismo che respira, che vive, che piange e che ride. Siamo un tutt’uno, attori e pubblico, che, grazie alle parole o ai gesti, insieme diamo un senso al nostro stare al mondo.

Noi, seduti di fronte a un teatro che brulica di vita, che rileggiamo nelle frasi dette da altri un pensiero, un’emozione, un’esperienza. Sono note delicate, come quelle un piano che suona dentro di noi, toccando corde che non pensavamo di avere, nascoste nella nostra memoria, nei nostri desideri. Una volta usciti, l’impressione che il teatro ci ha suscitato dura ancora per alcune ore; come per forza d’inerzia le emozioni non si arrestano, i pensieri partono su un treno che va lontano. Anche quest’anno siamo pronti a partire lontano, come lo abbiamo fatto gli anni scorsi seguendo la danza di linee, bastoni e ballerini, ascoltando di amore e psiche, restando incantati davanti a mani che hanno preso vita, trasformandosi in personaggi differenti, in un uccello che ha preso il volo nella luce bianca del Teatro Foce. Tanti altri ancora, ricordi che si affollano tutti insieme nella memoria, sono pronti a fare capolino in questa 25. edizione del Festival Internazionale del Teatro. Siamo pronti a ricominciare, giovani della giuria, che sceglieranno il pezzo di teatro vincente tra i cinque in concorso, e giovani redattori del giornale Fittissimo, che con occhio critico scriveranno di quello che hanno visto e provato, dei loro pensieri.

Dopo le rappresentazioni gli attori si toglieranno la maschera e scenderanno dal palco, pronti a rispondere alle domande del pubblico.

Una kermesse del teatro, che sull’arco di una settimana, dal 30 settembre al 9 ottobre 2016, vedrà il suo palco affollarsi di emozioni, sempre diverse. Un ricordo particolarmente toccante, quello di un pezzo di teatro che ci ha raccontato del genocidio in Ruanda, attraverso le parole di due attori, l’uno hutu, l’altra tutsi. E ancora, il pomeriggio passato in radio a parlare di un tema delicato: quello di un bambino al quale non piace identificarsi in un sesso o nell’altro, persone che a Samoa vengono chiamate fa’afafine. Abbiamo voglia di ripartire, di lasciarci nuovamente avvolgere dal velo del teatro: un sipario pronto ad aprirsi con il FIT.

Caroline Bianchi

Pubblicato sull’Universo, giornale studentesco universitario indipendente, settembre 2016.

DAL LICEO

C’è chi viene e chi invece se ne va. Noi studenti, dal primo all’ultimo, del primo e dell’ultimo anno, che ci salutiamo con la mano, ancora non ce ne andiamo. Ne sono passati tanti tra queste mura sempre uguali: un andirivieni come quello che in fondo ci caratterizza. Un vagare, spostarsi, trovarsi, per appagare questa mancanza di qualcosa. Un qualcosa non ancora ben definito, la ricerca di un oggetto che non abbiamo perso. Ci caratterizza un momento, intenso e transitorio, che ci accende per un attimo di fuoco. E poi l’onda passa, il mare continua a sussurrare dolcemente, viene, e di nuovo se ne va.

Di questi momenti è fatta anche la novità, che, come ogni anno, continua a ripetersi, sempre diversa e in fondo sempre uguale. Siamo noi che la viviamo, appassionatamente, caoticamente, siamo noi a colorarla con le nostre emozioni. Ricominciata la scuola, ancora ci soffermiamo al varco della porta, inspiriamo forte.

Siamo come un banco di pesci, magari un po’ spaesato, ognuno si accomoda ad un pulpito immaginario, accanto ad un nuovo compagno. Alla fine ci somigliamo un po’, no? Rimaniamo catturati tra le maglie delle reti appese ai soffitti, una vecchia novità, o ci cattura la retorica pungente di una lezione particolarmente interessante. Siamo parte della massa e contemporaneamente cerchiamo di contraddistinguerci, ma non lo faremo di certo essendo in ugual modo tutti alternativi.

Novità? Ce ne sono tante, forse qualcuna in più per noi studenti di quarta. Noi ultimi siamo già un po’ altrove, lo sguardo e i pensieri rivolti a un futuro che ci appare più grande, una novità gigante. Un viaggiare senza andare, che contempliamo fuori dalle finestre aperte, che volteggia con il pulviscolo nei tediosi raggi di sole che attraversano la classe. Una gomitata tra compagne, “Non senti questa malinconia volare tra i banchi, i respiri fermati a metà?” “È arrivato il nuovo manuale”.

Dai sogni dell’estate torniamo con i piedi per terra, la penna in mano. Brusio nell’atrio, fogli volanti, sveglie rimandate, penne riordinate con gran cura nell’astuccio.

E per questi primi, ultimi istanti ancora ci perdiamo tra le nubi di questa nuova attesa, e nel silenzio di un anno che inizia aspettiamo che lo sguardo del nuovo giorno cali su di noi.

Caroline Bianchi

Pubblicato sull’Universo, giornale studentesco universitario indipendente, settembre 2016.